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lunedì 5 marzo 2018

#NonSoloDrag: Nina's Drag Queen



Continuiamo con #NonSoloDrag, rubrica dedicata a quelle artiste che stanno consentendo all'ambiente di crescere, pur non essendo Drag Queen o, come in questo caso, non nel senso classico del termine.

Le Nina's sono infatti degli attori e dei ballerini che, nati come tali, hanno poi deciso di portare in scena delle Drag Queen. Nel senso che appunto questa figura, nei loro spettacoli, assume a pieno, il suo senso originario dell'espressione ossia il suo essere un vero e proprio personaggio.

Sono dei caratteri precisi appartenenti a dei copioni teatrali che dunque assumono le loro sembianze all'interno delle vicissitudini che vivono sul palcoscenico. E non mancano, come giusto che sia, gli aspetti più tradizionali della Drag Queen quali ad es. le performance, il trasformismo, etc ...

E se già questa commistione fra drammaturgia e Drag appare spettacolare, non si può neppure immaginare l'effetto che può fare il guardare i classici del teatro, quali Cechov, Shakespeare, Lorca, in versione Drag. Dunque questa forma d'arte come alter ego performativo assume ruolo sia in scenari inediti che in una versione nuova di piece classiche.

Questa è l'intervista che la compagnia ha rilasciato al Drag Queen Magazine.

1) Perché avete scelto di interpretare le Drag Queen nei vostri spettacoli?

Una Drag Queen, per come la vediamo noi, è un’estensione espressiva, un alter ego scenico potente e affascinante. Il corpo di una drag queen racconta, contiene storie.

2) Siete attori e ballerini. Il vostro percorso per giungere a questa nuova forma d'arte è stato complesso? Su cosa avete dovuto lavorare maggiormente?

È stato un percorso molto naturale. Le complessità – o meglio le potenzialità – di questi personaggi ci si sono chiarite strada facendo, e allora abbiamo lavorato soprattutto sulle possibili sfaccettature e declinazioni degli elementi a nostra disposizione: trucco, vestiti, playback, coreografia, movimento. Che cosa è interessante recitare in playback, cosa no, e perché? Come trasformare un brano musicale in un frammento della narrazione? Come modulare l’espressività del viso e del corpo? Insomma, un lavoro rigoroso, articolato in diversi spettacoli. Ma tutto inizia da un approccio giocoso, basato sul piacere un po’ infantile del mettersi addosso una nuova identità.

3) Vi siete ispirati a qualche Drag Queen in particolare?

No. Quando abbiamo iniziato, dieci anni fa, conoscevamo molto poco del mondo drag queen “classico”. La provenienza di tutti noi era il teatro, non lo spettacolo en travesti.

4) La prima volta che avete proposto questa forma di teatro come sono state le reazioni? Avete incontrato particolari resistenze?

È stato, come si suol dire, amore a prima vista. Sia noi che il pubblico siamo stati subito a nostro agio e abbiamo avuto la sensazione di avere scoperto qualcosa: un linguaggio semplice ma non banale, divertente senza essere volgare, liberatorio.

Va detto che la nostra prima volta è stata al Teatro Ringhiera, un luogo molto speciale e accogliente. Questo ha fatto la differenza.

5) Quali sono le vostre Drag Queen preferite? Avete mai incluso una Drag Queen nei vostri lavori? Se no, chi vorreste includere?

Le nostre icone non sono le Drag Queen, quanto piuttosto le dive della canzone e del cinema. In particolare abbiamo una passione per le attrici: Valentina Cortese, Anna Magnani, Monica Vitti, Franca Valeri, solo per citarne alcune …

La collaborazione con altre drag è capitata e capiterà, nell’ambito di eventi speciali, serate danzanti e di cabaret; ma a noi interessano soprattutto collaborazioni con artisti teatrali, essendo quello il nostro mondo artistico di riferimento. Per “Vedi alla voce Alma” abbiamo coinvolto Daria Deflorian, attrice e regista italiana che sta avendo grande successo anche all’estero. Per un nuovo progetto stiamo lavorando con Claire Dowie, stand-up comedian e poetessa inglese, pioniera del “teatro queer” britannico legato al mondo LGBT.

6) Il teatro può permettere al mondo delle Drag Queen di emergere?

In realtà, non ci siamo mai posti la domanda, o meglio ce la poniamo al contrario: il sistema teatrale permetterà al “Teatro Drag” di emergere?

E la risposta è: speriamo di sì, certo ci sono da abbattere un bel po’ di barriere e pregiudizi che la sola parola “drag” porta con sé. Ovvero, spesso le istituzioni culturali storcono il naso di fronte alla nostra proposta artistica, non ritenendola sufficientemente intellettuale o profonda, solo perché costruita su un linguaggio dichiaratamente e orgogliosamente pop.

7) In che modo invece il mondo Drag influenza e valorizza quello teatrale?

Il mondo Drag per noi corrisponde alla leggerezza, al colore, alla possibilità di attingere dall’immaginario musicale e filmico condiviso da noi e dal pubblico: questo dona ai nostri spettacoli un linguaggio immediato e coinvolgente.

8) Su cosa si basano i vostri spettacoli?

Inizialmente erano costruiti come degli spettacoli di varietà, scanditi da numeri in playback e tenuti insieme da un tema: l’erotismo, la città di Milano, la Spagna …

Piano piano ci siamo spostati sulla rivisitazione, in chiave drag, di grandi testi classici del teatro. Ad oggi abbiamo lavorato su Anton Cechov, John Gay, Jean Cocteau, Federico Garcia Lorca. Naturalmente la nostra lista sarebbe ancora lunga …

9) Quanto è stata dura rivisitare sotto chiave Drag Queen un classico come Il Giardino delle Ciliegie di Cechov?

Il giardino dei ciliegi mette in scena un gruppetto di persone alle prese con il disfacimento di un’epoca, ed essendo un capolavoro lo fa in un modo che ci tocca ancora oggi. Cogliendo quel cuore di contenuto, la questione allora è stata soprattutto stilistica: scegliere di ridurre il testo ai soli personaggi femminili, con l’unica lieve forzatura di trasformare il vecchio maggiordomo in una governante; e dare a questi personaggi la possibilità di esprimersi anche attraverso dei numeri musicali.

La grandezza emotiva delle figure cechoviane, che possono essere melodrammatiche ai limiti del ridicolo, non è stata schiacciata ma anzi esaltata dalle figure eccessive delle drag queen. Fondamentale è stata anche la scelta musicale, basata come si diceva soprattutto sul senso drammaturgico delle parole delle canzoni, che diventano testo.

10) Progetti futuri?

Vogliamo portare avanti e sviluppare l’attività di insegnamento del “teatro drag”, che in questi anni è stato un importante tassello della nostra ricerca e che ha creato intorno a noi una piccola community di allievi.

Stiamo inoltre lavorando a un nuovo grande progetto, scritto da Claire Dowie e con musiche originali di Enrico Melozzi: Queen Lear, a partire da Re Lear di Shakespeare.
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Ciao, sono Domenico Romano, autore dell'articolo che hai appena letto. Come potrai vedere dalla mia bio, sono uno scrittore, drammaturgo, attore, nonché grande appassionato di Drag Queen. Innanzitutto ti ringrazio per aver visualizzato il mio blog. Tempo addietro sono stato finalista di un concorso ed ho ottenuto una pubblicazione in ebook di un mio romanzo. Se vuoi aiutarmi a crescere e reputi che sia un autore valido, acquista il mio romanzo.
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